Questo mese il mio tour attraverso le aziende Coldiretti della provincia mi porta a Buja, precisamente da Mauro Aita, presidente della sezione di Buja della Coldiretti. Dopo le 2 intense giornate di venerdì 1 e sabato 2 aprile, che ci hanno visto tutti insieme impegnati a manifestare per il crollo del prezzo del latte, il mio sguardo non poteva che rivolgersi al settore zootecnico.
Mauro Aita nel lonatano 1989, prendendo parte ad un progetto sperimentale Ersa, inizia la conversione della sua stalla da bovini da latte a bufale, diventando quasi un pioniere per quel che riguarda l’allevamento di bufale in Friuli. Ora, in piena autonomia, la sua stalla conta ben 180 bufale, di cui 100 in produzione e le restanti da riproduzione o in fase di crescita. Le bufale sono nutrite esclusivamente con il cibo prodotto dalla stessa azienda che ha una superficie di 80 ettari, parte dei quali vengono coltivati con l’esclusivo scopo di nutrire il bestiame in maniera naturale.
Ora tratterò il tema del latte di bufala tralasciando la carne che meriterebbe anch’essa di essere valorizzata visti i suoi alti valori nutrizionali. La produzione media di latte annuo di una bufala si aggira intorno ai 23 quintali calcolata su 270 giorni di lattazione, contro i 70/80 q/anno di una vacca da latte. Il prezzo del latte al ritiro varia da 0.95 cent/kilo nel periodo invernale e 1.25 cent/kilo nel periodo estivo. È per certo che il latte di bufala è ricercatissimo per la produzone della famosa mozzarella di bufala, ma il mercato italiano della mozzarella di bufala viene definito "stagionale" in quanto nel periodo primaverile-estivo la richiesta di prodotto cresce esponenzialmente, per poi descrescere nel periodo autunno-inverno.
C’è da dire che la bufala, da un punto di vista fisiologico, sarebbe per natura predisposta alla produzione di latte nei momenti più freddi dell’anno, l’opposto rispetto alle esigenze di mercato. Proprio per questo motivo sono state sviluppate tecniche di "destagionalizzazione" riproduttiva delle bufale al fine di fronteggiare la richiesta di mercato. Riuscire a concentrare l’epoca dei parti nei primi mesi dell’anno è perciò oggigiorno uno dei punti critici dell’allevamento della bufala da latte.
Le principali differenze di natura chimica e fisica tra il latte bufalino e quello vaccino sono rappresentate dal contenuto in grasso e in proteine. I due elementi sono presenti, in media, rispettivamente al 7,5% e 4,4% nel latte bufalino e al 3,3% e 2,7% nel latte vaccino. Questa differenza è importante in termini di resa: questo ha infatti una resa superiore di circa 1,8 volte rispetto al latte vaccino. Ciò significa che dalla lavorazione di 100 litri di latte di bufala si ottengono oltre 24 kg di mozzarella contro i 13 kg ottenuti in media lavorando 100 litri di latte vaccino.
Il latte bufalino contiene anche un interessante contenuto salino più ricco di calcio, magnesio e fosforo inorganico, rispetto al latte di vacca.
Come mi spiega Mauro Aita, in regione non esistono caseifici che abbiano una linea dedicata al latte di bufala. Lo stesso vale per la carne di bufalo: i capi sono ritirati a prezzi indicibili. E dopo vari tentavi di conferire a strutture regionali, dove però il prodotto non veniva remunerato al suo giusto prezzo, ma spesso veniva parificato al prezzo del latte vaccino, ecco che un altro prodotto d’alta qualità "made in Friuli" varca i confini regionali per finire nel vicino Veneto per essere lavorato e commercializzato.
Lavorato non da una coperativa, consorzio o altro, ma da un’azienda agricola privata che dalle loro bufale e dai conferitori esterni producono e commercializzano mozzarella, ricotta, yogurt, panna cotta, formaggi, carni in differenti tagli e salumi.
Ciò ci fa capire che ancora una volta che il nostro territorio è deficitario, mancano strutture atte per lavorare un prodotto diverso dalle linee convenzionali, manca spirito di aggregazione e mancano le filiere, o meglio ci sono "sulla carta" ma poi non vengono realizzate.
In Friuli abbiamo tutto, un territorio incontaminato e fertile, agricoltori instancabili, tradizioni, cultura, professionalità e nel mondo agricolo possiamo ancora trovare la "famiglia" che è il motore delle nostre aziende agricole a conduzione familiare, ma non riusciamo a valorizzare il nostro lavoro e i nostri prodotti e non sappiamo venderli. Se non tentiamo una svolta, rimarremo sempre alla mercé di chi trasforma e commercializza. I bandi PSR sono alle porte e dove ci sono le risorse umane, le professionalità, le idee, il cambio generazionale, è necessario non farsi sfuggire l’occasione per chiudere il cerchio delle nostre aziende.
Ringrazio Mauro e famiglia che mi hanno accolto nella loro azienda.
15 Aprile 2016
L’AZIENDA DI MAURO AITA DI BUJA ESEMPIO DI INNOVAZIONE E DI INTRAPRENDENZA